Archivio
Carlo Sini

Da «La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro. Carlo Sini», regia di Clemente Tafuri e David Beronio, Teatro Akropolis (2021)

il sottinteso Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza
Vita di Spinoza, foglio girasole 6A.1.81, Il sottinteso.

Presentazione

a cura di Carlo Sini

Edmund Husserl teneva nel suo studio la riproduzione di una stampa di Albrecht Dürer: Il cavaliere, la morte e il diavolo, un’immagine cui era molto affezionato. Vi leggeva una interpretazione simbolica del compito della filosofia e in particolare della sua, la fenomenologia. Il cavaliere, il volto contratto, lo sguardo teso avanti a sé, non si fa spaventare né distrarre per la presenza della morte e del diavolo che gli compaiono accanto nel cammino. Distruzione e follia non lo arrestano, il cavaliere sa che ogni cammino ha i suoi fantasmi. Sotto il cavallo lo segue il cane fedele: anche lui procede imperterrito e veloce, senza guardarsi intorno. Nel proporre quell’immagine come primo viatico e come sigillo per questo Archivio elettronico ho pensato di partecipare anch’io al cammino e alla scena, identificandomi con la figura del cane di Husserl.

L’«Archivio Carlo Sini» è una creazione di Florinda Cambria. Fu lei a idearlo una decina di anni fa, tracciandone la struttura e gli intenti, con l’aiuto prezioso di alcuni amici che la supportarono nel reperimento dei materiali audio-video con il fondamentale ausilio di Teseo Parolini nella realizzazione tecnica del sito. Per parte mia approvai l’impostazione e, da allora, ne sono stato di fatto un semplice frequentatore, invero molto occasionale. Sebbene tale, cerco di dire la mia sul senso di questo Archivio e sulla nozione stessa di «archivio».

Come raccolta dei resti e delle tracce della vita ogni archivio riposa, ai miei occhi, sul paradosso di dover necessariamente contenere anche sé stesso, di essere cioè, a sua volta, un resto che dovrebbe figurare tra i resti di cui è la raccolta, in un rinvio infinito e inarrestabile. Paradosso che poggia sulle ambigue nozioni dell’inizio e della fine: perché l’inizio è sempre già iniziato e, per un verso, è già sempre qui o è sempre ogni volta a partire da qui; mentre la fine non mi compete, è affidata agli altri, cioè agli eventuali costruttori del mio archivio, della raccolta e della memoria dei miei segni, reale o immaginaria. Paradossi che sconcertano il senso comune e aprono però l’accesso alla filosofia. Ricordo che un volume delle mie Opere, curate da Florinda Cambria per la casa editrice Jaca Book, si intitola «Spinoza o l’archivio del sapere» (unico riferimento esplicito a un filosofo in tutte le copertine delle Opere), dove è lecito e anzi opportuno chiedersi: si tratta della vita di Spinoza o della mia? O, in modo ambiguo, di entrambe? O ancora della nostra, cioè della vostra? Vorrei che nel segno e nella salvaguardia di questa ambiguità si aprisse la consultazione del mio Archivio.

Esso si compone di stampe, manoscritti, registrazioni e figure. Si preoccupa, ad esempio, della salvaguardia di libri esauriti e fuori commercio, di cui non sia prevista la nuova pubblicazione nel piano delle mie Opere presso Jaca Book; raccoglie articoli e traduzioni difficilmente reperibili, dispense universitarie, fogli preparatori per i corsi di lezioni e per conferenze; presenta anche molte registrazioni occasionali: una raccolta varia che variamente testimonia del mio lavoro pubblico negli anni. Molti dei materiali costituiscono una cornice e un complemento all’impresa editoriale delle Opere, avviata nel 2012 e tutt’ora in corso.

Il mio personale auspicio è che i frequentatori dell’Archivio siano in tutti i sensi dei «ricercatori», non dei curiosi in cerca di scoperte sensazionali o dei perditempo di cui catturare l’attenzione a ogni costo. A questo fine confido che l’atmosfera, forse un po’ austera, che si respira entrando nell’Archivio e incontrando i suoi materiali sia sufficiente a tenere lontani gli sfaccendati, gli eruditi solerti, gli impazienti in cerca di scorciatoie e così via. Utile sarà l’Archivio a chi intenda soggiornarvi per incontrarvi una reale esperienza, senza preoccuparsi dell’apparente inconcludenza del tempo perduto e poi magari ritrovato: solo costoro saranno soddisfatti dell’occasione che viene loro offerta. Sarà come perdersi e ritrovarsi, intraprendendo un viaggio verso sé stessi, noi che siamo a noi stessi, disse Nietzsche, massimamente ignoti.

I materiali che, già nella sua versione originaria e poi nel corso degli anni, l’Archivio ha raccolto e reso disponibili alla libera consultazione, costituiscono una esemplarità di come si può procedere nel costruire la teoria filosofica («la prassi teorica», diceva Husserl). Il filosofo è un animale antico, la sua genealogia è complessa ed è sempre di nuovo in questione: nessun «metodo», diceva Hegel. La sua figura è ambigua e la sua ambigua nascita ha dato vita a un parto eccezionale e a eccezionali figure. Certamente il filosofo è legato al sapere: quello che si sa di sapere, quello che non si sa di non sapere, quello che non si sa di sapere. Labirinto cretese senza via d’uscita, perché riposa su un fondo mobile paradossale. Qui il sapere insegna contemporaneamente che di sapere ce n’è sempre abbastanza per diventare umani, ma mai abbastanza per sopravvivere. Il filosofo è un animale doppio: non manca mai di mettere in scena la parola, di affidare ai discorsi e alle proprie storie i suoi messaggi, perché la filosofia nasce dalla vita, non dai libri, disse Husserl. Però si diffonde e prospera grazie all’alfabeto e ai testi di scrittura. E così i testi dei filosofi sono sempre, ai miei occhi, stazioni provvisorie, isole emerse dall’oceano, isole di un arcipelago sommerso che a tratti affiora e lascia suggerire un disegno di terre, il sogno di un approdo e l’eco di un nome: forse Siracusa. È questa intrinseca relazione di elementi, è questo intreccio multiplo che l’Archivio, con i suoi materiali, lascia anzitutto emergere: questo è un punto ai miei occhi essenziale.

Oggi però, grazie all’impegno e alla generosa collaborazione tecnica di Andrea Sanson e allo straordinario lavoro archivistico e insieme filosofico di Cristian Bonomi, sono felice di inaugurare qui una nuova sistemazione e rielaborazione dei materiali dell’Archivio, che ha il suo centro prospettico nella nozione (liberamente ripresa da Peirce) di «foglio-mondo»: un foglio, un supporto di tracce e di scritture, che sogna di essere il mondo e di rinchiudere idealmente e potenzialmente il tutto in una parte. Un intero volume delle mie Opere, il terzo, è dedicato al «foglio-mondo», che non è una «cosa», ma una esperienza e, come tale, non impegna la semplice lettura. Il foglio-mondo (articolato, come mostro e dico in diverse occasioni, nei «Fogli girasole» e nei «Cartigli») va contemplato, esaminato e interrogato, va tenuto in mano avanti a sé, ispezionato e percorso nei suoi elementi, nei suoi eventi di scrittura e di figura. Una fruizione che ricostruisce liberamente e creativamente il senso, la direzione, lo svolgersi temporale del cammino; ma anche, contemporaneamente, il suo spazio di multipla e simultanea esibizione e diffusione.

Al manoscritto, così inteso e abbozzato, essenzialmente ci si espone, imbarcandosi sulla nave di Telemaco: ricercatori dell’origine perduta e di una mappa salvifica e promotrice della buona fine, peraltro mai attuale. Ogni fruitore, ogni «ricercatore», deve intraprendere il cammino da sé; ovvero è implicitamente invitato a riconfigurare da sé ogni volta, liberamente, la mappa, accompagnato e stimolato da suggestioni ambigue e dubbiose, da segni multisenso che possono perdere e ritrovare il viandante: solo lui saprà dove è arrivato, salvo dover ancora e sempre ripartire alla ricerca indefinita dell’ultima Thule.

Fondamentale per questa esperienza è l’inserimento, tra i materiali dell’Archivio nella sua nuova veste, della «Vita di Spinoza», un corpus di oltre cinquecento fogli manoscritti raccolti in una sezione dedicata. Da essa sono tratte le  figure che, recando problematici messaggi, in parte oscuri, attraversano emblematicamente lo spazio dell’Archivio, da me inteso come luogo di un’essenziale metamorfosi. Il corpus «Vita di Spinoza» è concepito come il grande labirinto e poi come l’archivio della vita in cui ognuno, nascendo, si è perduto e va alla ricerca del proprio Minotauro per non farsi divorare: attratto al centro del suo gorgo, spera di oltrepassarlo indenne, confidando nell’aiuto di Arianna e nelle pericolose, ma infine indispensabili, arti di Dedalo. Qui ogni figura non è una semplice e ingenua illustrazione: è un concentrato di sensi che si intrecciano via via stimolando l’interpretazione, sorreggendola e ogni volta sfuggendole. Le figure ritornano, suggeriscono memorie e oblii, aprono il varco a nuove ipotesi meramente transitorie e nondimeno necessarie per il cammino.

Il cammino sogna imperterrito liberazioni e approdi e ripari sicuri: è per tutti difficile comprendere che essere esposti nell’aperto, come diceva Rilke, è il nostro modo di vivere il sapere, il nostro modo umano di essere sempre custoditi e perciò insieme arrischiati nell’abisso. Proprio il nostro diventare ed essere «proprietari» prima o poi ci espone alla perdita. Il tuo dominio, il tuo rifugio, è un affidamento, una stazione provvisoria.

Accogliere l’Archivio come occasione ripetuta e rifratta in ogni fruitore consapevole equivale a trasformare, ogni volta, le sue morte spoglie in una occasione di rinascita: sapere della vita e vita del sapere, che si riaccende allo sguardo e all’attenzione in questo angolo di mondo; fuoco, diceva Eraclito, che illumina la notte.

Milano, 5 agosto 2022

firma Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza
Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo (1513, Karlsruhe) Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza
Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo
(1513, Karlsruhe)
Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo (1513, Karlsruhe) Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza
Albrecht Dürer, Il cavaliere, la morte e il diavolo
(1513, Karlsruhe)
il filosofo Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Biografia

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il cantastorie Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Bibliografia

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il cantastorie C Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Materiali

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Spinoza sulla scena Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Vita di Spinoza

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Biografia

«Sono nato a Bologna il 6 dicembre 1933. Così mi è stato detto. Quante volte l’ho scritto. Ormai ci credo». Sotto questa data Carlo Fazio, oggi Sini, viene iscritto nei registri di Stato civile, assumendo il cognome della mamma Renata detta Renée (1913-1992) e non quello del papà Luigi Carrara (1901-1980), coniugato ad altra donna. «Così io portavo il cognome di mia madre: cosa per me indifferente e per lei tormentosissima». Al primo appello di scuola, alcuni docenti pretendono in risposta dagli alunni la paternità invece del consueto “Presente”: “di N.N.!” sbotta Carlo Fazio, «e la cosa suonava così strana che quasi mi piaceva».

dettaglio libri Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Bibliografia

Materiali

L’archivio cartaceo del prof. Carlo Sini, raccolto fin dal 2012 grazie a Florinda Cambria secondo un primo assetto finalizzato alla messa on-line dei materiali, è stato riordinato, inventariato e ricondizionato nel 2022 da Cristian Bonomi, autore di Archivio Carlo Sini. Inventario (Mimesis, Milano 2023). Nello stesso anno la riconfigurazione del sito, a cura di Andrea Sanson, assume in parte l’assetto di questo inventario.

insegnamento Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza

Audio

La sezione raccoglie e ordina cronologicamente le registrazioni audio di corsi universitari, seminari e conferenze tenuti dal prof. Carlo Sini.

Video

La sezione raccoglie e ordina cronologicamente le registrazioni video di seminari e conferenze tenuti dal prof. Carlo Sini.

Archivio Carlo Sini Vita di Spinoza - foto video

Da «La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro. Carlo Sini», regia di Clemente Tafuri e David Beronio, Teatro Akropolis (2021)

Vita di Spinoza

Vita di Spinoza comprende 125 (Luoghi e figure) più 125 (Soglie) formati 35 x 50 centimetri, battezzati «fogli girasole» per felice intuizione di Florinda Cambria, e 125 (Percorsi) più 125 (Vicende) formati 29 x 42 centimetri, che il filosofo chiama genericamente «cartigli». Su carta gialla, il foglio girasole è officina, doppio e analogon del foglio-mondo peirciano che a sua volta lo è del mondo; non un’opera finita, dunque, ma un’operazione «di quel mondo che per altro verso ha dentro di sé e nel quale si trova». Dei fogli girasole, il cartiglio su carta bianca è una versione contratta, parallela, autobiografica, istituendo così una pulsazione di ritorno tra le due tipologie del poema Vita di Spinoza.

I materiali depositati nell’Archivio on line di Carlo Sini (testi, video, audio-registrazioni ecc.) possono essere condivisi mediante canali telematici e non, nel rispetto della direttiva UE 219/790 del 17/04/2019.

 Per la tutela del patrimonio archivistico, si richiede di segnalare sempre la fonte dei materiali condivisi, indicando espressamente il link alla relativa pagina dell’Archivio on line e la data di consultazione.

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