Vita di Spinoza

Da «La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro. Carlo Sini», regia di Clemente Tafuri e David Beronio, Teatro Akropolis (2021)

Da C. Bonomi, Il poema figurativo Vita di Spinoza, cuore in gioco dell’Archivio Carlo Sini, in «Il Pensiero», LXII/2, Omaggio a Carlo Sini.

Sviluppato tra 2004 e 2015 ma meditato già lungo l’anno sabbatico 1990-1991, il progetto è deciso fin dalla notte del 5 luglio 1989, quando si propone come

un immenso affresco di fogli-mondo. Un giardino incantato. Un chiostro istoriato. Un mastodontico esercizio fenomenologico. Uno sterminato esercizio ermeneutico, in cui presente e passato, pubblico e privato, teoria e prassi, evento e significato, vita propria e vita altrui, sogno e disegno, suono e lettura, e altro e altro ancora, si sono compenetrati, scontrati, confusi nella loro unità-differenza. Grafo fenomeno-grafico di mille cartigli, in ogni senso straordinario, poiché i sensi vi si moltiplicano e si accavallano, si intrecciano e si dissolvono in unità parcellizzate, in un insieme quasi terrificante. Grafo dai molti segreti, infantili e profondi. Grafo esoterico ed essoterico, strano e banale. Percorso non riassumibile né sintetizzabile; solo infinitamente riconoscibile, ripercorribile, rintracciabile [1].

Vita di Spinoza comprende 125 (Luoghi e figure) più 125 (Soglie) formati 35 x 50 centimetri [2], battezzati «fogli girasole» per felice intuizione di Florinda Cambria, e 125 (Percorsi) più 125 (Vicende) formati 29 x 42 centimetri, che il filosofo chiama genericamente «cartigli». Su carta gialla, il foglio girasole è officina, doppio e analogon del foglio-mondo peirciano che a sua volta lo è del mondo [3]; non un’opera finita, dunque, ma un’operazione «di quel mondo che per altro verso ha dentro di sé e nel quale si trova» [4]. Dei fogli girasole, il cartiglio su carta bianca è una versione contratta, parallela, autobiografica, istituendo così una pulsazione di ritorno tra le due tipologie del poema Vita di Spinoza.

Formati ampi come vele, messaggi carsici e disegni quasi miniati interrompono la postura assorta del lettore, costringendolo a farsi esecutore responsabile dei grandi formati. Come a Cnosso, costui intraprende vie inattese fino a raggiungere il centro del labirinto, oltre cui il cammino ritorna, trovando le figure dell’andata con lo scarto di una. «La complessità di scrittura dei cartigli non è un problema – annota Sini –. È da intendersi come un monumento (non un documento). È come guardare una cattedrale, piena di statue, figure, scritte, mosaici alle finestre: per conoscerla devi decifrare i suoi segni» [5].

Del progetto Vita di Spinoza, il filosofo milanese propone dunque un’interpretazione monumentale e non documentale, sotto la specie della cattedrale o del labirinto [6]; figura, quest’ultima, cara anche a Borges e Peirce [7]. Il formato dei fogli girasole ci costringe in piedi, fuori cioè dalla compostezza di semplici lettori; manca il filo di una continuità scrittoria a guidarci nel labirinto. Presenziamo così autobiograficamente alla doppiezza di ogni esecuzione, capitale e musicale: nel senso della morta lettera, è capitale l’esecuzione del segno, che rimane sulla carta come caput mortuum; nel senso del vivo spirito, è musicale il nostro eseguire quel segno, che torna a cantare come la testa mozzata di Orfeo.

Vita di Spinoza resta un immobile labirinto di saperi finché un nuovo interprete non ne attraversa i fogli girasole. Nel vortice di quelle figure, ecco Spinoza ma anche Sini e chi altri seguirà il filo dell’autobiografia, incarnando ogni volta daccapo la vita dell’interpretare oltre il centro divoratore del discorso. In ciascuna esecuzione, sua e nostra, eccolo di nuovo [8] il labirinto che danza, come la nutriente peristalsi [9] o le volute cerebrali elettrizzate da un’idea:

Il labirinto – spiega Sini – è un vortice che si replica per ogni “visitatore”. In tal modo è il suo specchio: ciò che lui ogni volta ne decide è il destino di una danza che disegna ogni volta una sede per lui temporanea. Io non sono depositario del suo senso e della sua verità. Sono solo il primo viandante che ne fa esperienza e che non è mai d’accordo con se stesso.

Vita di Spinoza, foglio girasole 6A.1.81, Il sottinteso.

[1] Archivio Carlo Sini (ACS), 5.1.

[2] Le misure sono espresse in altezza per base.

[3] Cfr. C. Sini, Idioma. La cura del discorso, Jaca Book, Milano 2021, pp. 116-117; cfr. Id., Teoria e pratica del foglio-mondo. La scrittura filosofica, Laterza, Roma 1997.

[4] Id., Idioma, cit., p. 132.

[5] ACS, 4,18.

[6] Cfr. ivi, 6A.3.36, Il labirinto e la soglia dei saperi.

[7] Cfr. R. Fabbrichesi Leo, Cosa significa dirsi pragmatisti. Peirce e Wittgenstein a confronto, CUEM, Milano 2002, p. 53. Il pensatore americano pone la relazione segnica nella figura esplicita del labirinto e implicita del triangolo (segno-interpretante-oggetto).

[8] Sini mutua la formula «eccolo di nuovo» dal filosofo inglese Alfred North Whitehead, cui dedica il volume Whitehead e la funzione della filosofia, Marsilio, Padova 1965.

[9] Cfr. ACS, 6A.4.24, Humbaba. L’uomo delle viscere.

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